Light Art – Considerazioni per un archivio dedicato all’arte della luce
A cura di Mario Bisson, Cristina Boeri, Daniela Calabi
Progetto di ricerca di Gisella Gellini
Introduzione di Giuseppe Panza di Biumo
Maggioli Editore, 2008
Introduzione
Conservare il passato
L’importanza degli archivi
di Giuseppe Panza di Biumo
Non sempre ci ricordiamo che è il passato che ci consente di migliorare il nostro presente e il nostro futuro. Se sparisse la memoria torneremmo alla condizione di animali selvaggi, come eravamo qualche milione di anni fa.
Si crede che l’Arte contemporanea non abbia bisogno di conservare la storia. La conoscenza è visiva, l’oggetto racconta in modo esauriente che cosa è. Non è vero, non è sufficiente. Conoscere il contesto in cui un “opera d’arte” è nata è altrettanto importante.
L’arte è l’espressione delle idee, delle condizioni politiche, sociali, culturali, filosofiche, di una determinata società ; se è vero che l’arte è un fenomeno universale, è anche vero che è un’entità reale e non un’astrazione matematica che vive nell’indeterminazione delle leggi della logica.
Noi conosciamo tutto ciò che è pervenuto fino a noi perché lo vediamo, ma esiste un universo di cose non pervenuteci per tante ragioni (e forse altrettanto importanti di quelle pervenute) che sono state utili alla formazione di quanto conosciamo.
Gli archivi aiutano a capire e a recuperare un patrimonio di conoscenze.
Molti artisti di valore non sono pervenuti alla nostra conoscenza, perché il loro lavoro non ha avuto una sufficiente diffusione: è rimasto un’esclusiva di poche persone. L’artista è morto giovane, oppure, causa troppo ricorrente, ha sviluppato una ricerca troppo in anticipo rispetto alla maturazione intellettuale dei contemporanei, quindi rifiutata in quanto in contraddizione con le regole, o pregiudizi, della cultura dominante.
Si crede che una tale situazione possa appartenere solo al passato, che oggi non possa più ripetersi, perché siamo una società libera, dove tutto è ammesso.
Niente di più falso.
Vi sono artisti importanti che non sono capiti, che non accettano il falso permessivismo dominante. E’ sufficiente conoscere la storia dell’arte moderna o di quella antica per capire questa verità .
Se non ci fosse chi conserva le cose in cui altri non credono, un patrimonio immenso scomparirebbe nel buio del tempo.
Questo vale anche per la scienza; quante intuizioni fondamentali sono state capite a cinquanta anni di distanza quando l’autore era ormai scomparso! Il caso Majorana è un esempio; esaminando gli appunti conservati nell’archivio di famiglia, si vede come avesse formulato ipotesi che solo recentemente hanno avuto conferma.
In America negli anni ’60 e ’70, prima a New York con Dan Flavin, e poi a Los Angeles con un gruppo di artisti, si è sviluppato un nuovo rapporto tra visione e luce. Una ricerca inedita, mai tentata prima, anche se da secoli i pittori hanno cercato di darci l’illusione di riprodurre la luce mediante l’opposizione di colori chiari e scuri.
Questi artisti usano la luce vera, quella del sole o quella elettrica, non cercano illusoriamente di imitarla.
Hanno bisogno di stanze grandi, vuote, bianche, per manipolare lo spazio e farvi entrare la luce nel modo desiderato e proprio per la necessità di spazi ed accorgimenti particolari, questa ricerca ha avuto difficoltà ad essere presentata ad un pubblico numeroso.
Solo Turrell e Irwin hanno avuto un successo internazionale.
Altri non meno importanti corrono il rischio di essere dimenticati.