Scroll Top

Carlo Bernardini, Nicola Evangelisti – Cartografie ottiche: nuove realtà

Testo critico a cura di Gisella Gellini
Palazzo Tagliaferro – Contemporary Culture Center, 2021

Messaggi e Geometrie di Luce

di Gisella Gellini

L’idea di organizzare con Christine Ernile, la mostra “Cartografie Ottiche: nuove realtà”, esponendo simultaneamente le opere di due artisti, Carlo Bernardini e Nicola Evangelisti, scaturisce da una mia conversazione informale con Christine, durante la quale ci chiedevamo come si potessero integrare in uno spazio architettonico tradizionale le geometrie impalpabili della “Light Art”.

La scelta di Carlo Bernardini e Nicola Evangelisti per una esposizione al piano nobile di Palazzo Tagliaferro ad Andora, è nata dalla mia conoscenza e collaborazione con i due artisti, sia sul piano didattico, come insegnante di Light Art alla Scuola del Design del Politecnico di Milano, che come curatrice di mostre: varie volte, loro sono stati invitati a partecipare a esposizioni che io ho curato con opere ed istallazioni di Light Art e Black Light Art. Voglio solo menzionare che, nella sezione Black Light Art da me curata assieme a Gaetano Corica e Fabio Agrifoglio nell’ambito della Biennale di Light Art di Mantova 2020, Carlo Bernardini ha esposto l’opera “Superfici virtuali con linee di luce ombra” e Nicola Evangelisti ha presentato l’installazione pittorica “New Quantum”. Mi hanno sempre interessato i loro temi culturali, l’approccio e la relazione che hanno con lo spazio; ambedue realizzano opere scultoree e installazioni ambientali di grandi dimensioni, in spazi esterni ed interni, in varie tipologie di architetture antiche e contemporanee, in ambito nazionale ed internazionale.

La “filosofia” di Carlo Bernardini può essere sintetizzata in una sua frase: “Un disegno di luce è un disegno mentale […] un gioco dei ruoli quello in cui lo spazio si trasforma da contenitore in opera: il disegno di luce lo attraversa penetrandovi, ed una volta all’interno ne oltrepassa le mura senza soluzione di continuità”. Nel suo caso ricorrendo alle fibre ottiche. In altre parole, un disegno di luce è un disegno mentale che sfrutta, in luogo di una superficie” lo spazio buio”, come una sorta di foglio scuro sul quale strutturarsi in “negativo”, nel suo caso ricorrendo alle fibre ottiche. La purezza dell’estrema sintesi raggiunta da Bernardini è una continuazione ideale del grande maestro Lucio Fontana che, con le sue opere dove usava la tecnologia disponibile all’epoca (quella dei tubi al neon con i tipici andamenti curvi) creava un disegno nello spazio, come esemplificato da “Concetto Spaziale” del 1951. Molte volte Carlo Bernardini è stato invitato a realizzare istallazioni in edifici storici, come nel caso di questa mostra, e sempre con le sue fibre ottiche riesce a creare un contrasto con l’ambiente antico, rigenerando con la luce lo spazio. Per questa mostra, Bernardini propone anche la scultura “Coordinate invisibili”, collocata nell’atrio della mostra. Realizzata in acciaio e fibre ottiche, esula dal linguaggio usuale dell’artista, permettendo di cogliere un altro aspetto della sua creatività e padronanza della tecnica. Ma il Bernardini attuale si coglie all’interno della mostra con l’installazione ambientale “la materia è il vuoto”: qui i fili di luce utilizzati in diagonali, sono sottili fibre ottiche che si auto-tensionano, attraversano la parete senza permettere al visitatore di capirne l’origine: lo spazio si scompone in due forme speculari complementari, trasformandosi da contenitore in opera: il disegno di luce lo attraversa penetrandovi, ed una volta all’interno ne oltrepassa lo spessore dando una soluzione di continuità, trasformando l’ambiente in senso illusorio, smaterializzando con la luce la fisicità delle pareti. Un’installazione può, come in questo caso, “prendere” lo spazio, inglobarlo al suo interno e spingerlo a forza nella dimensione visionaria determinata dall’idea, impossessandosi della sua identità. E’ un rapporto di dominio quello che la forma spaziale instaura con il luogo, lo penetra, lo feconda, lo riduce in suo potere sino a trasformarlo in essa stessa.

Quanto a Nicola Evangelisti, in questa mostra ci mostra una parte del suo percorso artistico. Nelle sale, ha esposto installazioni ambientali usando vari materiali, acciaio, cristalli, bossoli e varie fonti di luce, e opere su carta e tela. La tecnica e il pensiero filosofico hanno viaggiato sempre sullo stesso binario; il filo conduttore della sua ricerca non è il materiale che impiega ma la motivazione. A questo proposito cito lo stesso artista: “Le mie opere “Lightning” incarnano la complessità e la polarità della natura, ed è una delle tante espressioni della geometria frattale, come le nervature delle foglie, le ali delle farfalle, i sistemi venosi animali, il gocciolio dell’acqua…”. In questa esposizione l’artista, ha realizzato opere ambientali, ha unificato opere di natura politica e sociale con opere recenti di Black Light Art, nate in periodi diversi ma che in questi spazi trovano un dialogo. Ad esempio abbiamo “Gaza”, 2017, opera realizzata con pigmenti fluorescenti su carta nera, vista a luce ultravioletta/bianca; i segni bianchi, disegnati sul nero ci fanno pensare a segni di luce della città illuminate nel buio, ma possono essere anche esplosioni, luce e ombra, vita e morte sempre in bilico su una terra martoriata dalla guerra in una faida senza fine. Durante gli anni della pandemia l’artista ha avuto modo di concentrarsi ed elaborare qualcosa di nuovo, di sperimentare maggiormente nuove soluzioni e nuovi cicli come appunto quello che ha definito il ciclo di “New Quantum”, una serie di opere realizzate nel 2021 con acrilico fluorescente su tela di lino. Significativa ed attuale, considerando il momento politico sociale nel quale ci troviamo, l’installazione ambientale “Holy Lances”, 2015 la ricostruzione di un mirino militare fatta con spade e lance. e “War”, 2015 installazione realizzata in bossoli. Nel video War Sound Collage 2015 la riproduzione di obiettivi militari. Dietro il mirino si presuppone uno sguardo e quindi un occhio, questo il motivo che in mostra è presente anche la grande iride di New Quantum. Holy Knife, invece ci riporta alla guerra e alla violenza. Qui il visitatore si trova di fronte un coltello militare, montato su un pannello di acciaio, composto per metà dal suo vero manico e per metà dalla riproduzione olografica su vetro della sua lama originale. L’illusione ottica è di un coltello completo, la cui lama sembra collocata dietro un vetro. Del coltello originale vi è solo il manico, in quanto la lama è stata tagliata, ma il timore che suscita la sua presenza illusoria è la medesima di quella prodotta dall’oggetto reale presente. Come ha spiegato lo stesso Nicola Evangelisti, “L’ologramma è simulacro, è qualcosa che non c’è fisicamente ma produce delle incidenze sul reale: esattamente come le enormi somme di denaro che il mercato azionario sposta, che sono evanescenti ma possono compromettere la vita di ognuno di noi. O come la propaganda di morte in atto dal terrorismo internazionale. La violenza del terrorismo è anche la propaganda del terrore diffusa in tempo reale attraverso il web: il virtuale viene così a coincidere con una seconda, – non meno importante – forma di realtà che conduce e condiziona i nostri aspetti emotivi, comportamentali e, conseguentemente, la nostra vita”.